terça-feira, 24 de abril de 2018

Liverpool-Roma, Klopp si specchia nelle magie di Di Francesco: «Percorsi simili»


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«Siamo partiti da squadre piccole e arrivati al successo con la forza delle idee. Né noi né la Roma siamo abituati a partite simili. Anche per questo sarà una sfida bellissima»



Nel laboratorio di Anfield Road, tra mistica del passato e apertura al futuro, c’è il magnifico Liverpool del presente nato dalla combinazione chimica di quattro elementi rari. Da destra a sinistra fino alla panchina: Salah, Firmino, Mané e Jürgen Klopp. I primi tre hanno segnato 23 dei 33 gol che fanno dei Reds il miglior attacco della Champions. La star con 8 centri (e 41 totali in stagione) è Salah, neoeletto miglior calciatore della Premier League dalla giuria di colleghi e tecnici, gente che ne capisce. Ma ridurre tutto all’ex romanista sarebbe sbagliato perché, come sempre nei prodotti calcistici evoluti, l’individuo può esaltarsi solo in quanto parte del tutto. Per esempio: Momo sarebbe così devastante senza i movimenti apriscatola di Firmino?
E qui si arriva a Klopp. Che in quei tre ha trovato gli interpreti ideali del suo 4-3-3 fatto di velocità, verticalità, terminali svelti da innescare dopo la riconquista di palla immediata, gol a mazzi e, en passant, show, eccitazione, sorriso. Ma ancora: fermarsi a questo è riduttivo, perché il tedesco ha arricchito il suo sistema con fasi manovrate più riflessive. La questione per la Roma rimane comunque chiara: come intercettare gli «sparapalloni» rossi nella casa dove non perdono da 15 gare europee e, in questa edizione, hanno segnato 20 gol in 5 partite, subendone appena 2 all’esordio con il Siviglia, unico pari cui sono seguite 4 vittorie?


Lunedì non è stato certo Klopp a dare consigli a Di Francesco, preferendo invece, con la solita verve, sottolineare la sua simpatia per l’Italia («Ma so solo ordinare un piatto di spaghetti, non mi vedo ad allenare da voi adesso…») e le analogie tra sé e il collega («Abbiamo un percorso simile: partiti da squadre piccole e arrivati al successo con la forza delle idee») e tra i Reds e i giallorossi: «In Italia come in Inghilterra dominano altre squadre, ma noi siamo in semifinale con pieno merito».


Un’idea su come placare il Liverpool, allora, ce la si può fare osservando i suoi presunti punti deboli: la fase difensiva e il portiere Karius, anche se, grazie a Van Dijk, il difensore più pagato della storia (85 milioni), la squadra ha imparato a coprirsi meglio e subire meno. Così, un’ipotesi di lavoro potrebbe essere imitare Mourinho e il modo in cui il Manchester United ha vinto 2-1 il 10 marzo a Old Trafford, ultimo k.o. dei Reds: ripartire stando bassi e chiusi, sottraendo profondità a Salah & Co., costringendoli a implodere. Non è nel Dna della Roma ma, visto come si è rimodellato tatticamente contro il Barcellona, Di Francesco potrebbe inventarsi qualcosa anche stavolta. Poi, naturalmente, rimarrà da affrontare il resto: l’ambiente senza uguali, la prossimità con un’impresa e, soprattutto, l’insondabile mistero del nuovo. Una variabile che rende il confronto impronosticabile anche per il Liverpool e il suo guru: «Né noi né la Roma siamo abituati a partite simili. Anche per questo sarà una sfida bellissima».

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