domingo, 10 de maio de 2020

Le mille vite di Richarlison, il mancato criminale idolo del Brasile

Agosto-settembre 2016. Il giovanissimo Richarlison de Andrade, 19 anni compiuti da tre mesi appena, rimane fuori dalla lista dei convocati del Fluminense per cinque partite di campionato di fila, più una di coppa nazionale. Acerbo e tecnicamente grezzo, non convince pienamente l'allenatore, Levir Culpi, che decide momentaneamente di fare a meno di lui. E fa storcere il naso anche al Flu, che pochi mesi prima aveva sborsato 10 milioni di reais per portarselo a casa, cifra non indifferente nel calcio brasiliano.


Luglio 2019. Richarlison, sempre lui, entra a un quarto d'ora dal termine di una finale di Copa America e nel recupero, come fosse la cosa più normale di questo mondo, si presenta sul dischetto del Maracanã per infilare nella rete peruviana il pallone del 3-1, quello che chiude i conti laureando il Brasile campione continentale.
Gennaio 2020. Richarlison gioca nell'Everton, che lo ha prelevato dal Watford per la bellezza di 50 milioni di sterline, ed è ormai uno dei migliori calciatori della Premier League, il campionato più importante e affascinante del pianeta. Tanto che il Barcellona decide di investire pesantemente su di lui: 'Sky Sports UK' spara la notizia di un'offerta che ha dell'incredibile, 100 milioni di euro, così come incredibile è la risposta dell'Everton, che decide di tener duro e la rispedisce prontamente al mittente.
Sono appena tre episodi di un'ascesa che, da qualche anno a questa parte, ha raggiunto vette vertiginose. Partendo dal basso. Dall'infanzia povera trascorsa a Nova Venécia, nello stato dell'Espirito Santo, Est del Brasile, Richarlison è arrivato repentinamente alla fama e alla gloria. Senza perdere mai la testa. E senza dimenticare le proprie origini. Più volte ha donato tonnellate di alimenti alle famiglie povere del suo Stato natale, oltre a partecipare a continue iniziative di beneficenza, pubblicizzate e non.
"Da piccolo non avevo praticamente niente – ha detto in un'intervista a 'O Globo' – e improvvisamente posso avere quasi tutto. Per questo do valore alle cose. Non voglio comprare un macchinone, ma investire nel futuro e aiutare la mia famiglia".
Richarlison, poi, nemmeno sarebbe dovuto diventare un calciatore. Il suo mondo era un altro: pericolo, pistole, droga. Un triste classico della povertà. A salvarlo, proprio il pallone.
"Molti amici che giocavano con me oggi sono in prigione. C'erano tutti i crismi per diventare un delinquente. Ma un mio allenatore, Fidel, mi diceva che avevo talento. Il calcio mi ha portato sul percorso giusto".
Giusto per capire il personaggio: quando il 'Telegraph', nei suoi primi mesi inglesi con la maglia del Watford, gli ha chiesto se provasse timore nei confronti dell'imminente sfida contro il Chelsea, il brasiliano ha risposto con un aneddoto che ha colpito molti:
"Quand'ero in Brasile un tizio ha puntato un'arma contro il mio volto: credeva che fossi un trafficante di droga e che gli stessi facendo concorrenza. Dopo quell'episodio, giocare contro il Chelsea mi sembra molto più facile".
In campo, poi, Richarlison ha definitivamente spiegato le ali. L'esplosione nel 2017, sotto la guida di Abel Braga, dopo un ottimo Mondiale con l'Under 20 del Brasile. Poi il passaggio nell'estate di quell'anno al Watford, per poco più di 12 milioni di euro. Una prima stagione forse “normale” dal punto di vista realizzativo, ma sorprendente da quello del rendimento complessivo, tanto che l'Everton si convince a concretizzare l'acquisto più caro della propria storia. A Liverpool il brasiliano di Nova Venécia non tradisce: 13 goal nel 2018/19, con doppietta all'esordio contro il Wolverhampton e il premio di miglior giovane tramite le votazioni dei tifosi, e già 10 in questa annata. E poi via con la (sgraziata) esultanza della dança do pombo, danza del piccione, divenuta ormai suo marchio di fabbrica.

La chiamata in Nazionale giunge come logica conseguenza. Tite lo convoca al posto dell'ex viola Pedro, infortunatosi gravemente nell'agosto del 2018, e Richarlison non tradisce: va a segno due volte alla seconda uscita, un'amichevole contro El Salvador, e si conquista la fiducia del commissario tecnico, che decide di puntare costantemente su di lui e lo porta in Copa America. Fino alla notte magica del Maracanã.
Quel che non manca a Richarlison è l'umiltà di chi sa da dov'è partito. Fuori dal campo è un ragazzo come tanti altri, uno che non si nega mai ai tifosi che gli chiedono un autografo o una foto, senza atteggiarsi a quel che non è. Segue costantemente il Fluminense e non perde occasione per ringraziare il club che gli ha permesso di coronare il sogno europeo. Un antidivo con la faccia simpatica, insomma. E i piedi buoni. Ed è anche così che è entrato nelle grazie di Davi Lucca, il figlio di Neymar, suo compagno nella Seleção e suo idolo nel calcio.
"Quando mi sono emozionato veramente? Quando ho fatto coppia in attacco del Brasile con Neymar. Entrando in campo pensavo: 'Cavolo, sto giocando con Neymar'. E poi, quando sono corso ad abbracciarlo dopo un goal, ho pensato: 'Cavolo, sto abbracciando Neymar'".

Richarlison è così. Uno che si schermisce, che valorizza tutto ciò che la vita gli ha dato. Un personaggio che spesso non utilizza il social media manager per comunicare sui social network e anche per questo appare vero, spontaneo. Peccato che ultimamente i social li abbia sfruttati anche per divulgare il suo nuovo taglio di capelli “alla Ronaldo”, quello che il Fenomeno ideò in occasione dei Mondiali nippo-coreani del 2002. Look discutibile, ma in pochi hanno avuto il coraggio di farglielo notare.

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