La settimana è stata monopolizzata dallo scontro tra Juventus e Atalanta che poteva riaprire la corsa Scudetto, ma che nonostante la bella prestazione della squadra di Gasperini è finito in pareggio, un risultato che favorisce i bianconeri, ormai vicini al titolo anche grazie alla flessione della Lazio, che mantiene il secondo posto ma che sembra aver preso l’abbrivio pre interruzione. Ma in campo si è visto tanto altro: la Roma è tornata a vincere e con Milan e Napoli si giocheranno i posti in Europa League fino alla fine. In coda invece se la situazione è disperata per Brescia e SPAL, il Lecce continua ad avere speranze di salvezza, distante solo un punto dal Genoa. Queste invece sono le migliori giocate della settimana.
Lo stop di Insigne
Esiste un calcio ideale, giocato da calciatori ideali, tecnicamente fortissimi e sempre in forma, freddi e sicuri di sé, che si gioca in una bolla a temperatura ideale, senza vento e con un terreno da gioco ideale. In questo calcio ideale, tutti i calciatori stoppano i lanci di trenta metro come ha fatto Insigne contro il Milan. Nel calcio reale, però, quello che si gioca in Serie A, Bundesliga, Premier League eccetera, è piuttosto raro vedere controlli così “ideali”. Che Lorenzo Insigne sia uno dei giocatori con più tecnica della sua generazione non è certo una novità, ma spesso ci dimentichiamo di quanto sia sottile il divario che lo separa dai calciatori migliori in Europa. Il suo primo tocco, quello con cui arresta il pallone e se lo aggiusta per la giocata successiva, è sempre sublime, delicato e precisissimo. Gli avversari sono colti di sorpresa perché, persino a quel livello, non sono tarati su questo tipo di sensibilità. In questo caso, ad esempio, Conti sembra imbarazzato: dopo lo stop “sulla monetina” di Insigne si trova troppo lontano, allora accorcia timidamente ma anche sul tocco successivo si fa trovare impreparato: Insigne scavalca il suo piede con un pallonetto. Insigne ha alcuni limiti che i tifosi italiani ormai conoscono, ma ci sono alcune cose che gli vengono facilissime, perché è uno di quei pochi giocatori che tratta il pallone con confidenza, che parla la stessa lingua dei migliori al mondo.
L’azione di Farias e la parata di Cragno
A poche giornate dalla fine del campionato il Lecce continua a cercare la salvezza attraverso il gioco. Liverani fin dalla prima partita della stagione ha cercato di esprimere un calcio ben preciso, magari non riuscendo sempre, ma senza rinunciare ai suoi principi per provare a fare punti in maniera diversa. La squadra pugliese ha messo in mostra alcuni giocatori estremamente tecnici e belli da vedere come Falco, Mancosu, Petriccione. Anche Farias avrebbe fatto parte di questa lista se non avesse dovuto saltare quasi tutta la stagione per infortunio.
Farias è un giocatore elettrico, con tecnica e velocità. Qui controlla al volo un lancio di 50 metri di Lucioni con l’esterno del piede saltando di netto Faragò, poi non contento con il piatto sfrutta a suo favore il tocco in scivolata di Walukiewicz per continuare la sua corsa. Dall’esterno Farias taglia la difesa avversaria verso il centro fino ad arrivare al punto ideale per la conclusione, poco fuori area leggermente spostato sulla destra. Il tiro sembra di quelli che i calciatori fanno in allenamento, senza avversari, tiri precisi al millimetro che diventano sempre gol. Farias non ha fatto però i conti con Cragno, uno dei portieri italiani più promettenti. Il portiere del Cagliari parte basso sulle gambe e con estrema rapidità alla sua destra, arrivando a toccare il pallone diretto a fil di palo con la punta delle dita, una parata spettacolare che ha regalato un punto importante alla sua squadra.
Il tunnel di Pellegrini
Lorenzo Pellegrini viene da una stagione complicata e sembra non riuscire a tenere il passo del nuovo campionato accelerato post-covid, con grandi giocate incastonate in prestazioni tecnicamente e atleticamente scialbe. Anche contro il Brescia, in una partita a tratti dominata dalla squadra di Fonseca, il numero 7 ha fatto fatica a mantenere ancora la continuità, ma tra primi controlli sporchi, scelte forzate e tocchi imprecisi è comunque riuscita ad emergere quella luccicanza che aveva contraddistinto tratti della sua prima parte di stagione. La giocata nasce da un’applicazione da manuale della difesa in avanti: il nuovo 3-4-3 di Fonseca, infatti, cercava di pressare il Brescia chiudendosi quasi “a libretto” verso la linea del fallo laterale del lato dove risiedeva il pallone, portando i trequartisti a stringersi verso il centro. Pellegrini parte dal mezzo-spazio di sinistra per prendere alle spalle Ndoj che, preso dal lato cieco, non si accorge del suo arrivo e perde malamente palla, che viene sputata, ferma, fuori dal contrasto a pochi centimetri di distanza. Il pallone diventa immediatamente oggetto di una specie di duello western tra il numero 7 della Roma e Tonali: il centrocampista del Brescia capisce l’intenzione del suo avversario di voler cambiare direzione, ma, nel momento in cui si ferma, apre troppo le gambe e Pellegrini gli fa passare dolcemente la palla in mezzo con l’esterno con quella crudeltà beffarda che per forza di cose contraddistingue qualsiasi tunnel. Dopo aver superato così uno dei giovani più interessanti del nostro campionato, Pellegrini va in conduzione verso l’area avversaria ma crossa sul secondo palo alla cieca in una zona in cui non c’è letteralmente nessuno. A un alieno sceso sulla terra oggi che ci chiedesse della stagione di Pellegrini (strano, lo so) forse potremmo mostrare solo quest’azione per fargli capire tutto.
Il colpo di testa di Milinkovic-Savic e la parata di Gabriel
Giocandosi ogni tre giorni questo campionato esprime tutto e il contrario tutto nel giro di pochi giorni. E così poco meno di una settimana fa il Lecce vinceva una partita fondamentale in ottica salvezza, e oggi si lecca le ferite per un pareggio contro il Cagliari ricco di episodi sforutunati e gol sbagliati.
Ma proprio alla luce di questa sconfitta allora la parata di Gabriel all’ultimo minuto sul colpo di testa di Milinkovic-Savic acquista un’importanza speciale. Nei minuti di recupero un giocatore raffinato come il serbo viene usato come Marouane Fellaini, con risultati spesso simili. La sua capacità di prendere posizione in area di rigore, fare sponde ed essere pericoloso è un altro riflesso della sua tecnica nell’uso del corpo. La giocata che gli riesce qui è semplicemente strana e cervellotica. Il cross è molto lento e Milinkovic è plurimarcato. In ogni caso ci arriva lui sulla palla, ma ci può giusto arrivare. Allora fa una cosa impossibile che nella sua testa diventa fattibile: se la alza per concludere con un secondo colpo di testa, da fermo, su una palla senza forza. Milinkovic però riesce comunque a darle una traiettorie insidiosa, che corre sul secondo palo per scavalcare Gabriel che è leggermente fuori. Il portiere ci arriva proprio con la punta delle dita, che si piegano un po’, ma non abbastanza per non deviare il pallone.
La traversa di Djuricic contro la Lazio
Che la Lazio sia vittima della stanchezza ormai è evidente, ma non lo era già dopo dieci minuti di partita contro il Sassuolo, quando è Filip Djuricic è partito in conduzione dalla linea di metà campo ed è arrivato fin dentro l’area di rigore biancoceleste, calciando sulla traversa. D’accordo, c’è senz’altro della stanchezza accumulata, quanto meno nel modo con cui Milinkovic-Savic si lascia saltare aprendo una prateria dietro di sé; e anche nel modo in cui Acerbi scivola a terra semplicemente perché aveva messo il corpo male, coprendo in diagonale verso destra mentre Djuricic ha accelerato alle sue spalle facendolo piantare sul terreno da gioco.
La brillantezza del Sassuolo di De Zerbi, e in questo caso di Djuricic, non esiste solo in contrasto con l’opacità della Lazio di Simone Inzaghi, ma è frutto dell’ottimo stato di forma di una squadra che non perde dalla prima partita dopo la pausa (contro l’Atalanta) e che ha vinto le ultime quattro partite di seguito. Da notare come in questa azione anche Locatelli agisca con una lucidità sorprendente, riciclando una palla vagante e a mezza altezza giocandola alle sue spalle; Djuricic poi capisce subito dove può arrivare e non esita neanche un secondo a puntare da solo palla al piede la difesa della Lazio. Il suo tiro forse è deviato da Radu ma dal replay, con un punto di vista alle spalle di Djuricic, sembra di no, e soprattutto sembra che volesse colpire la palla sotto per scavalcare Strakosha. Se fosse entrata sarebbe stato uno dei gol più belli della stagione. Peccato.
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