quarta-feira, 25 de dezembro de 2019

Storia grottesca della Supercoppa italiana

Un trofeo giovane ma già ricco di racconti.








Domenica 22 dicembre Juventus e Lazio disputeranno la Supercoppa Italiana 2019, la trentaduesima edizione di questo torneo, che pur essendo il terzo per importanza a livello nazionale rimane ancora un oggetto misterioso, tra edizioni disputate in giro per il mondo e una crescente difficoltà a trovargli uno spazio all’interno di calendari sempre più affollati.


Per il secondo anno consecutivo la partita che vede impegnata la vincente del campionato e quella della Coppa Italia (o la finalista, se a vincere tutto è una sola squadra) verrà disputata in Arabia Saudita nel pieno delle festività natalizie. Si giocherà nella capitale Riad, ma non nell’enorme stadio nazionale da 70000 posti dedicato a Re Fahd, bensì nel meno pretenzioso stadio dell’Università Re Sa’ud da 25000 posti, che dovrebbero essere tutti pieni al momento del calcio d’inizio. 

La scorsa edizione era stata anticipata da diverse polemiche riguardo la scelta della sede: le donne allo stadio potevano solamente sedersi in alcuni settori, l’Arabia Saudita è impegnata in una guerra con lo Yemen e, insomma, se parliamo di diritti umani non è certo un paese da prendere a modello, soprattutto a poche settimane dal brutale omicidio del giornalista Jamal Khashoggi. 

Quest’anno il viaggio in Arabia Saudita per la Supercoppa è passato quasi del tutto inosservato (se non per una richiesta dei pacifisti sardi e dell’Usigrai) finendo per togliere ulteriore interesse a un trofeo che per diversi motivi fatica ancora a trovare un’identità. Dario Saltari in questo articolo allargava la questione anche al ritorno economico di questa scelta, oltre quello etico, ed è ancora interessante domandarsi se questi viaggi all’estero siano davvero remunerativi per la Serie A. 

Quella di domani sarà l’undicesima edizione disputata all’estero, la quinta negli ultimi sei anni, e forse per una volta filerà tutto liscio. La storia della Supercoppa tuttavia è piena di momenti surreali, tra il comico e il tragico, ed è interessante ripercorrere i più significativi ed assurdi – all’estero e in Italia – per provare a dare un contesto ad una competizione che altrimenti rischierebbe di perdersi all’interno di una domenica natalizia, tra feste aziendali e scambi di regali.

La nascita
Come quasi tutto nel nostro paese, anche la Supercoppa Italiana nasce una sera, a cena. È il 1988, la Sampdoria ha appena vinto la Coppa Italia, e in un ristorante di Milano il Cerchio Blu, un’associazione di tifosi blucerchiati, sta festeggiando. Al momento del dolce (almeno così si racconta in questo articolo) il giornalista Enzo D’Orsi propone al presidente della Sampdoria Paolo Mantovani di sfidare la vincente dello scudetto per assegnare una coppa, come si fa in Inghilterra con il Charity Shield (oggi Community Shield). 

Qualche giorno dopo, sempre a una cena del Cerchio Blu, il presidente della Lega Calcio Luciano Nizzola avalla l’iniziativa, dando ufficialmente vita alla preparazione della prima Supercoppa Italiana, un progetto che trova d’accordo anche Silvio Berlusconi, il presidente del Milan che in quei giorni vinceva il campionato dopo una serrata lotta con il Napoli. 

La prima edizione si dovrebbe disputare il 18 settembre a San Siro, con l’incasso devoluto al Giarre, squadra passata nel giro di 6 anni dalla Prima Categoria siciliana alla Serie C, ma sull’orlo del fallimento. Si dovrebbe, perché in realtà non si fa. Il 23 agosto 1998 il Corriere della Sera parla di questa partita già come di un “impiccio” per il Milan – una costante insomma – perché negli stessi giorni deve giocare Coppa Italia e dei Campioni. Dopo quel giorno la nuova coppa scompare dai radar, semplicemente non si gioca. Le ricostruzioni di oggi dicono che fu spostata a causa della concomitanza con le Olimpiadi di Seul, una motivazione la cui correlazione con la Supercoppa Italiana è davvero difficile da trovare.

La coppa ricompare in un’intervista a Silvio Berlusconi del 30 aprile 1989, in cui il presidente propone anche una sfida tra una squadra mista Milan-Inter e una rappresentanza del resto d’Italia: «Quest’anno è stato davvero impossibile trovare un buco nel calendario [per la Supercoppa] ma la sfida con i blucerchiati si farà». 

La data finale arriva dopo un tira e molla tra Sampdoria e Milan: si giocherà il 14 giugno a San Siro in gara singola a causa degli impegni dei blucerchiati (il regolamento prevede che si possa scegliere). L’incasso verrà diviso dalle due squadre (abbiamo controllato, il Giarre fallirà solo qualche anno dopo, nel 1994) e la partita trasmessa su Canale 5, in leggera differita. Con l’occasione i rossoneri avranno modo di festeggiare con il proprio pubblico la recente vittoria della Coppa dei Campioni in finale con la Steaua Bucarest e il rinnovo di van Basten, arrivato il giorno precedente. Una contingenza che non piace a Boskov, l’allenatore della Sampdoria che si lamenta pubblicamente: «Non mi piace questa situazione, la Sampdoria si presenta a San Siro come invitata alla festa del Milan e in un certo senso come vittima predestinata».

Le cronache della prima finale sono un po’ comiche. Il Corriere della Sera titola “Ancora Milan, ma non è una Coppa seria”: in uno stadio mezzo vuoto, le due squadre mettono in mostra uno scarso impegno, tanto che al momento della concessione di un rigore per il Milan nel finale, sul punteggio di 2-1 per i rossoneri, incitato dal pubblico il portiere Giovanni Galli correrà fino all’area della Sampdoria per battere effettivamente il penalty. Per fermarlo deve intervenire in prima persona Sacchi, che riesce a evitare che la prima edizione della Supercoppa si trasformi in una farsa.

L’unica cosa super è il trofeo: alto 77 centimetri è realizzato in argento massiccio dallo scultore Silvio Gazzaneo, già autore della Coppa del Mondo e della Coppa UEFA, che si aggiudica il Milan grazie al 3-1 finale.

La prima volta all’estero
Negli anni successivi la Supercoppa proverà ad aggiustare il suo formato senza troppo successo di pubblico e interesse, se non per l’edizione 1990 vinta per 5-1 dal Napoli di Maradona sulla prima Juventus di Gigi Maifredi. Per l’edizione 1993 si decide quindi di puntare in grande: si gioca il 21 agosto a Washington, nel Robert F. Kennedy Memorial Stadium, uno dei nove stadi scelti per il Mondiale del 1994. Una partita che dovrebbe inaugurare la grande stagione del soccer negli USA e portare 3 miliardi nelle casse della Lega Calcio, che negli stessi giorni respinge una richiesta da Tokyo, di disputare lì la partita in una sfida annuale tra le vincitrici del campionato italiano e di quello giapponese. 

A sfidarsi nella prima partita ufficiale del calcio italiano fuori dai suoi confini sono il Milan e il Torino. Una trasferta lunga e impegnativa a soli otto giorni dall’inizio del campionato che però porta nelle tasche delle due squadre 1 miliardo di lire. Per i rossoneri è la prima partita post-era degli olandesi, per il Torino la prima ufficiale di Enzo Francescoli. Il soccer giocato dagli italiani smuove un po’ anche i giornali: le due squadre finiscono in prima pagina sul New York Times e il Washington Post, che addirittura definisce i rossoneri un “dream team”.

Si gioca alle ore 14.45 locali per venire incontro agli orari italiani, con temperature oltre i 30 gradi e un’umidità che sembra uscire dalle pareti, un anticipo delle condizioni che troveranno quasi un anno dopo al Mondiale alcuni dei giocatori in campo. Decide un gol di Marco Simone dopo 4 minuti, in una partita descritta con gusto per il paradosso “piacevole”, viste le condizioni in cui viene disputata. In uno stadio con ampi spazi vuoti, c’è uno speaker che spiega ai tifosi le azioni più significative (curiosità che troverà molto spazio sulle cronache italiane), evidentemente non sufficientemente bene visto che gli “americani” fischieranno rumorosamente la melina strategica del Milan negli ultimi minuti.


Lo scatolone di sabbia
La Supercoppa continua a rimanere un ibrido abbastanza paradossale, con difficoltà di attrarre interesse e di difficile collocazione. L’edizione del 1995 tra Juventus e Parma, per esempio, finisce per slittare a gennaio 1996 dopo che la Lega non è riuscita a piazzarla all’estero (si era parlato di disputarla in Libia). In uno Stadio delle Alpi più vuoto del solito (poco più di 5000 spettatori) è Vialli a decidere uno dei tanti scontri tra le due squadre di quegli anni, in una partita che verrà piano piano mangiata dalla nebbia, con l’arbitro Ceccarini che evita di rimandarla per non ingolfare ancora di più il calendario delle due squadre.

Escono fuori però anche edizioni gradevoli, come lo spettacolare 4-3 tra Lazio ed Inter in un periodo d’oro di calciomercato. La Lazio ne approfitta per presentare al suo pubblico Hernan Crespo e Claudio Lopez; l’Inter trova i gol di Vampeta e Robbie Kean, che brilleranno solo in quella sera di settembre.

Le edizioni più interessanti rimangono però quelle all’estero. Nel 2002 Juventus e Parma sbarcano in Libia, in quel momento saldamente nelle mani del Colonnello Mu’ammar Gheddafi, che la spunta sul redivivo Giappone, che ancora una volta aveva provato invano ad ospitare la nostra Supercoppa. 

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Il Guerin Sportivo presenta così quell’edizione.

Una trasferta breve, ma culturalmente atipica, con i giornali italiani impegnati a raccontare l’esotismo di un paese che in realtà ha stretti contatti commerciali e coloniali con l’Italia e anche con la Juventus. Il figlio di Gheddafi, Al Saadi, è infatti uno dei maggiori azionisti della Juventus (detiene il 7.5% delle quote) e soprattutto gestisce tutto il calcio libico. È nell’ordine: presidente e giocatore dell’Al Ittihad, squadra locale allenata da Antonello Cuccureddu; vicepresidente della federcalcio libica; numero 10 della Nazionale.

Poco prima del calcio d’inizio l’enorme cornice dello Stadio «11 giugno» (data della cacciata dalla Libia dei militari americani, francesi e inglesi nel 1970) mostra enormi buchi vuoti spalti: i biglietti costano troppo, “un quarto di uno stipendio medio di un cittadino libico” (anche se veniva data la possibilità di rateizzare il pagamento in 12 mesi). In fretta e furia vengono accalappiati tifosi fuori dallo stadio, mettendoli in saldo da 100 a 30 dinari (chi li compra acquista pure l’abbonamento per l’intero campionato).

L’altro problema è il campo più sabbia che erba. Gli organizzatori hanno provato a rimediare con l’uso di bombolette spray verdi, ma se l’effetto visivo migliora, dal campo si alzano vere e proprie nuvole di sabbia. Le due squadre, dopo qualche incertezza iniziale dovuta al campo, esprimono un buon calcio: a decidere la finale è una doppietta di Del Piero, che risponde al momentaneo pareggio di Di Vaio che da lì a pochi giorni diventerà un calciatore della Juventus. 

Sugli spalti Al Saadi Gheddaf fa il padrone di casa: è lui a premiare la squadra bianconera e festeggiare con i giocatori, che ritroverà da avversario due anni dopo con la maglia del Perugia in una delle sue due presenze in Serie A. È sempre lui a regalare due Mercedes a due tifosi, estratti a sorte sempre da lui a fine primo tempo, e a sedere vicino a Galliani e Blatter, con in sottofondo il sogno di portare i Mondiali del 2010 in Libia. 

Verso oriente la Supercoppa dirige il suo corso
L’anno dopo la Supercoppa torna negli Stati Uniti, nel New Jersey dove è forte la presenza di cittadini di origine italiana. A sessantasette giorni di distanza dalla finale di Manchester, la Juventus batte il Milan ai calci di rigore. Nel 2006 invece si trovano di fronte Roma e Inter, superstiti di Calciopoli, in una delle edizioni più spettacolari di sempre: a trionfare è l’Inter, che recupera uno svantaggio di 3 gol e vince grazie a una punizione di Figo nei supplementari.  


Il formato che la vede precedere l’inizio del campionato di circa una settimana (sul modello inglese) dà un po’ di stabilità alla Supercoppa, che in quegli anni diventa il naturale proseguimento del duello tra nerazzurri e giallorossi, che si giocano quattro edizioni, inframezzate dalla sfida tra Inter e Lazio, a Pechino. Sono i primi timidi passi della Serie A nel mercato cinese, ma l’esordio è con il botto: si gioca nel famoso stadio “Nido d’Uccello” esattamente 365 giorni dopo la sua sfavillante apertura per l’inaugurazione per le Olimpiadi, anticipando quindi di un paio di settimane sulla data abituale a ridosso dell’inizio del campionato. Le due squadre si dividono 2,5 milioni di Euro, si gioca alle 20:00 di Pechino, le 13 in Italia, rompendo anche la tradizione che vuole la Supercoppa disputata in orario serale italiano. Per l’occasione l’Inter gioca con il nome dello sponsor – Pirelli – in cinese (una scelta che si ripeterà in futuro), mentre la Lazio in quanto testimonial della Regione Lazio e del Comune di Roma veste un logo con il Colosseo e la scritta – sempre in cinese – “Roma ti aspetta”. 

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Foto di Liu Jin / Getty Images.

Si torna a Pechino anche nel 2011, dopo l’ennesimo Inter-Roma, per quello che è curiosamente il primo Derby di Milano in Supercoppa, il primo sponsorizzato Huawei probabilmente. Una partita che si gioca il 6 agosto, con le squadre ancora nel pieno della preparazione costrette a una trasferta lunga 5 giorni, con 38 gradi di media e il 95% di umidità in cui dividersi tra il campo e le ospitate pubblicitarie, nella speranza di allargare il proprio bacino d’utenza nel mercato cinese, che tutti bramano. L’ultima edizione senza la Juventus verrà ricordata più che per la sfida tra Ibra ed Eto’o, per una rissa che vede coinvolti tifosi cinesi delle due squadre poco prima che iniziasse un allenamento a porte aperte dell’Inter.

Il terzo viaggio in Cina (di un accordo che ne prevede 4 in totale) mette di fronte Juventus e Napoli, nonostante De Laurentiis provi di tutto per farlo saltare a una settimana dalla partita, creando un caso diplomatico che vedrà coinvolta anche la nostra ambasciata. Gli azzurri finalmente convinti si presentano a Pechino con il cuoco e 3000 gagliardetti per venire incontro ai 57000 sostenitori mobilitati da un esperto della comunicazione orientale, assunto appositamente per fare proseliti, come da parole del presidente. I tifosi della Juventus invece si fanno notare per dei cori contro i “napoletani” e per delle scritte sul pullman, tra cui una proposta di matrimonio a Luca Marrone.

Tutta l’attenzione è però sull’Italia: sono i giorni in cui si decidono le eventuali squalifiche per il caso scommesse ad Antonio Conte, Angelo Alessio, Leonardo Bonucci e Simone Pepe. Le sentenze arrivano il giorno prima della partita: i due giocatori vengono assolti, mentre l’allenatore e il suo vice vengono squalificati per 10 mesi e devono lasciare il posto in panchina a Massimo Carrera. 

La partita, giocata sotto la pioggia, vede la Juventus trionfare al supplementare, con il Napoli che diserta la premiazione. La causa è l’arbitraggio di Mazzoleni che espelle Pandev per proteste e Zuniga per un doppio giallo, due decisioni fortemente contestate dalla squadra e da De Laurentiis, che pochi giorni dopo la finale critica la decisione della Lega di andare in Cina: «Sono deluso dai cinesi e dalla Lega, giocando la Supercoppa in Italia avremmo incassato milioni. Così è un trofeo che non vale niente, una festa pacchiana per i 40 delegati inviati in Oriente. Se non si cambiano le regole, non parteciperemo mai più»


Dopo l’oriente il Medioriente
Tuttavia sono nuovamente Juventus e Napoli a contendersi la settima Supercoppa Italiana all’estero, questa volta volando a Doha a ridosso del Natale (perché lì in estate non si può proprio giocare). Il Qatar ha appena lanciato la volata per il Mondiale del 2022 e ha offerto 6 milioni di Euro alla Lega Calcio per ospitare le due squadre nel piccolo stadio Jassim bin Hamad, sotto lo slogan One Supercoppa One Supercampione.

Un’edizione giocata in un ambiente posticcio, con il campo, le porte e i seggiolini a cui sembra appena stato tolto il cellophane. La partita è una delle più belle: le doppiette di Tevez e Higuain (che esulta con il gesto “delle palle” dopo 4 panchine consecutive) tra tempi regolamentari e supplementari portano la sfida ai rigori dove Buffon e Rafael si esaltano e bisogna aspettare il 18esimo rigore e l’errore di Padoin per trovare un vincitore.

Una fortuna che non hanno Lazio e Juventus, che per la Supercoppa del 2015 devono affrontarsi sul disastroso campo dello Shanghai Stadium. L’organizzazione dell’evento, affidata dalla Lega Calcio a una società cinese, diventa motivo di scontro politico con Agnelli, contestatore di minoranza, che si infuria e la Lega che si difende dicendo di aver mandato un agronomo e due giardinieri per risolvere il problema, ma che i cinesi non li hanno lasciati intervenire.

Juventus v S.S. Lazio - 2015 Italian Super Cup
Foto di Lintao Zang / Getty Images.

Non va meglio la partita: la Rai è costretta a scusarsi in diretta sottolineando come la regia fosse affidata ai cinesi, salta più volte il collegamento, i cronometri impazziscono, i replay spariscono, al 78esimo minuto per diversi momenti si vede un drone volare sopra la porta difesa da Buffon. La Juventus vince con i gol dei nuovi acquisti Mandzukic e Dybala chiudendo forse per sempre l’esperienza della Supercoppa in Cina.

Le ultime tre edizioni hanno visto la Juventus e la sua avversaria disputarsi il trofeo una volta a Doha contro il Milan, con i rossoneri rimasti bloccati in Italia per via di un guasto al charter che li doveva portare in Qatar e arrivati all’ultimo; una all’Olimpico contro la Lazio, vinta dai biancocelesti grazie ad un gol di Murgia nel recupero, e l’ultima in Arabia Saudita di nuovo contro il Milan, in quello che diventerà il primo trofeo italiano di Cristiano Ronaldo. 



La notizia degli ultimi giorni è che la Supercoppa Italiana 2019 è diventata la Coca-Cola Supercup. Una scelta che generato polemiche perché la nota bevanda americana è da qualche mese anche sponsor della Juventus. 

Il futuro di questa strana coppa sembra prendere pieghe sempre più distopiche fuori dal campo ed è difficile immaginare un ritorno alle origini, nell’unica formula che aveva in parte funzionato, ovvero come antipasto della Serie A. Lazio e Juventus si incontreranno a poca distanza da quella che è stata l’unica sconfitta bianconera della stagione. La Juventus proverà a vendicarsi, la Lazio proverà invece a vincere il secondo trofeo dell’anno, per chiudere in bellezza un 2019 scintillante, anche se questo la costringerà a recuperare la partita col Brescia il 5 gennaio prossimo. La partita verrà disputata alle 17:45 della domenica che precede il Natale, forse sarà una bella partita, ma quanta gente ci sarà a guardarla?

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