quarta-feira, 25 de dezembro de 2019

I migliori gol di dicembre 2019

La forza di Ronaldo, la visione di Pellegrini e altri gol speciali.




Dopo l’esperimento della scorsa stagione, con le feste gonfie di Serie A, quest’anno si torna alle tradizioni: il campionato si ferma per Natale, non senza averci regalato un dicembre di gol spettacolari e decisivi. C’è ovviamente il colpo di testa di Cristiano Ronaldo, la cui istantanea nel punto più alto dello scatto è diventata una specie di icona, a ricordarci – se mai ce ne eravamo scordati – cosa sa fare il portoghese, il gol con cui Gomez ha iniziato a dissezionare la difesa del Milan, la combinazione speciale tra Luis Alberto e Milinkovic-Savic e quella quasi metafisica tra Pellegrini e Kluivert.

Certo abbiamo dovuto fare delle scelte: ad esempio nella partita del colpo di testa di Ronaldo c’era anche il velenoso sinistro al volo di Dybala, dalla vittoria dell’Atalanta con il Milan potevamo mettere anche il sinistro a giro di Ilicic che sembra disegnato con un compasso o la punizione di Kolarov nella partita contro la Fiorentina. Tuttavia scegliere i gol più belli è come scegliere i regali di Natale: devi prendere una decisione e sperare di averci preso.


Cristiano Ronaldo, cristianoronaldoing


Di fronte a gol di questo tipo si provano stupore e meraviglia, ma anche la voglia di parlarne, di studiarli e di discuterli nei minimi dettagli. Quanto è andato in alto a prendere la palla di testa? (Pare a 2.56 metri di altezza). E per quanto tempo è rimasto per aria come un aquilone? (Pare per un secondo e mezzo). Più o meno a lungo di Michael Jordan nello slam dunk contest del 1998 da cui viene l’icona del suo brand? (Pare esattamente lo stesso tempo).  

Ovviamente altri, prima di Cristiano Ronaldo, sono saliti in cielo per colpire una palla di testa, magari quando ancora non c’erano le tv e gli slow motion. E altrettanto ovviamente se ne parla così tanto anche perché un gol del genere lo ha fatto proprio Cristiano Ronaldo. Ma cosa dovremmo fare allora, fare finta di niente? A cosa servirebbe il nostro complesso sistema comunicativo-informativo in tempo reale se non per fare da eco a cose di questo tipo? 

Forse piuttosto dovremmo chiederci: siamo sicuri ci servano centoquarantuno (li abbiamo contati) siti e giornali e semplici pagine Facebook che fanno a gara a chi scrive prima che Cristiano Ronaldo ha fatto un gol alla Cristiano Ronaldo, tutti però con gli stessi toni enfatici che non aggiungono niente al gol che ha fatto se non un po’ di fastidio per chi legge?


Ad ogni modo, dopo un mese di novembre in cui ci si chiedeva se la forma non eccellente di Ronaldo fosse un semplice calo, o se si trattasse dell’inizio del suo declino fisico, perché ha pur sempre 34 anni e siamo più vicini alla fine che all’inizio di Cristiano Ronaldo (a meno che a forza di diete e addominali non invertirà l’ordine del tempo), lui ha rassicurato tutti con un gran mese di dicembre in cui ha segnato quattro gol in tre partite, coronato da un gol che entra di diritto tra i più belli della sua carriera. Che poi, come sempre in questi casi, “bello” non è l’aggettivo più adatto, perché l’elevazione di Ronaldo è al tempo stesso spaventosa, fuori scala rispetto a quello che ci aspettiamo dai comuni esseri umani.


Comuni esseri umani rappresentati per l’occasione da Murru, il cui ruolo è solo quello di farci rendere conto di quanto sia eccezionale Cristiano Ronaldo. Con questo gol Ronaldo ci ha ricordato che al di là del marketing, dei Palloni d’Oro, delle statue che sembrano più umane di lui, è anche capace di cose straordinarie calcisticamente parlando. Anzi, ci ha ricordato che ne è ancora capace. E un giorno questo genere di cose non gli riusciranno più, salterà fuori tempo e non riuscirà a fluttuare come se fosse su un tappeto volante, ma è solo essere una ragione in più per approfittare di queste ultime occasioni. 

Goran Pandev, l’illusionista


Il fatto che la difesa del Lecce fosse alta e che Pinamonti, partito in palese fuorigioco, abbia spinto Gabriel, il portiere, fuori dalla propria area e che questo abbia rilanciato frettolosamente e male verso la fascia sinistra, sono solo le circostanze materiali che hanno permesso a Pandev di esibirsi in un gesto tecnico eccezionale che più che tra i migliori gol di dicembre dovrebbe finire in quelli dell’anno. Qualcuno si ricorda perché, quando Ibrahimovic ha rovesciato da centrocampo contro l’Inghilterra, Joe Hart fosse fuori dai pali? Nessuno. Perché in fin dei conti non importa. Grazie Joe Hart per aver permesso a Ibra di pensare una cosa per noi impensabile, grazie Radu e grazie Pinamonti per aver creato i presupposti di questo splendido gol.

Tolti questi dettagli, resta lo stop incredibile di Pandev, di collo sinistro, e l’immediato tocco di esterno di controbalzo, con cui trasforma una normale palla da calcio in una lanterna cinese trasportata dal vento fin sopra la porta, e poi lasciata cadere esattamente in verticale oltre la linea. La cosa straordinaria di questo gol non è tanto la distanza dalla quale Pandev ha calciato, o la postura che ha dovuto prendere per colpirla di esterno, quanto il fatto che abbia pensato di poter fare un pallonetto quasi da centrocampo colpendola di controbalzo. 

Se i pallonetti da centrocampo hanno sempre qualcosa di raffinato e paraculo al tempo stesso, come quei film su una rapina cervellotica eseguita alla perfezione, questo di Pandev sembra un trucco magico, ha qualcosa di irreale come David Copperfield che fa sparire la Statua della Libertà (che infatti non la fece sparire). Goran Pandev ha 36 anni, ma se riesce a segnare da fermo, da centrocampo, sul rilancio del portiere, forse può arrivare anche a 56.

Le coscienze di Luis Alberto e Milinkovic-Savic sono una cosa sola


Potete guardare e riguardare questo gol un migliaio di volte e non riuscirete comunque a capire se è partito prima Milinkovic-Savic, o se ha cominciato prima a caricare il lancio Luis Alberto. Parliamo di due dei giocatori migliori del campionato, ma la cosa unica e speciale di questo gol è la loro coordinazione perfetta. Come se fossero due parti dello stesso corpo, il gomito del centometrista che spinge all’indietro mentre la coscia sale in aria per poi spingere a terra tutta la sua forza.

Luis Alberto riceve palla, come dire, con calma. È molto basso, in posizione da playmaker, la postura del corpo è eretta e rilassata. Milinkovic sta camminando dietro ad Alex Sandro, anzi all’inizio sta fermo e Alex Sandro lo supera corricchiando. Poi, in una frazione di frazione di secondo, il busto di Sergej si piega in avanti e mentre spinge con un paio di passi in orizzontale con le spalle punta in direzione della porta; simultaneamente le braccia di Luis Alberto oscillano in senso orario per caricare la rotazione del busto, col destro si allontana la palla dello spazio necessario allo slancio e con un passetto rapidissimo la colpisce di taglio.

Difficilmente Alex Sandro, che vede Milinkovic infilarsi nello spazio che lo separa da de Ligt, o lo stesso centrale olandese che probabilmente si accorge della sua presenza solo quando con il bacino gli impedisce di arrivare in anticipo sulla palla, avrebbero potuto fare qualcosa per impedire che una palla così precisa – la metafora più esatta è sempre quella del quarterback che pesca il running-back mezzo campo più in là, perché la precisione di Luis Alberto è quella di uno che utilizza le mani – arrivasse a destinazione. E altrettanto difficilmente qualcuno avrebbe potuto impedire al metro e novanta di Sergej di estendersi per controllare la palla con la punta, o aggirarlo per frapporsi tra il suo tiro e la porta. La verità è che quando la palla si stacca dal piede di Luis Alberto, Milinkovic-Savic ha già segnato.

Bellissima anche la freddezza con cui finalizza incrociando di piatto sinistro, in contrasto con l’esplosione emotiva immediatamente successiva di Milinkovic-Savic, che diventa rosso e grida per un tempo lunghissimo, come un personaggio di Francis Bacon costretto sulla tela eternamente. Certi giocatori, in certe partite, si caricano come molle. E certi giocatori, quando sono troppo carichi, sbagliano cose semplici, che se fossero più rilassati non sbaglierebbero; i campioni, invece, quando sono troppo carichi, fanno cose straordinarie.

Alejandro Gomez può andare in diagonale

Alejandro Gómez è un giocatore incredibile che andrebbe studiato alla NASA o almeno a Coverciano. Per un processo biologicamente controintuitivo ogni anno che passa diventa più giovane, forte e decisivo. Nel 2019, a 31 anni, è diventato una specie di tuttocampista che si abbassa, si allarga, si aggira, riuscendo quasi sempre ad essere un fattore all’interno del gioco offensivo dell’Atalanta (già 6 gol e 7 assist). 

Come se non bastasse continua ad essere una macchina da giocate e gol spettacolari. Questo gol al Milan non è solo bello, è anche soddisfacente come quei video di macchinari che creano spirali colorate con i vetri incandescenti. Gomez riceve palla sul lato sinistro in isolamento contro Conti e caracollando se lo porta fino alla punta dell’area di rigore. A quel punto – storicamente – l’attaccante ha due opzioni: rientrare sul destro per cercare il tiro oppure puntare il fondo per crossare. Gomez però opta per la terza via, ovvero procedere in diagonale. 

Certo Conti difende in maniera passiva e forse la postura del corpo è proprio sbagliata, però quale altro giocatore in Serie A avrebbe pensato da lì di saltare il proprio marcatore in tunnel per andare al tiro? Gomez è uno dei rarissimi giocatori in grado di manipolare l’arte del far passare il pallone sotto le gambe dell’avversario, rendendolo molto di più che un semplice orpello borghese. Una volta saltato Conti il gioco è fatto, perché a Gomez per mettere un pallone sotto l’incrocio basta lo spazio che occupano cento lire, il tempo di una nota.



Lorenzo Pellegrini ha gli occhi di lato come i pesci martello


Partiamo dalla fine. Da quando, cioè, Lorenzo Pellegrini ha detto di aver provato quest’azione già in allenamento. Cosa ha provato esattamente? Ha provato a lanciare con il proprio piede debole un compagno a trenta-quaranta metri di distanza, con un angolo così stretto che per compiere la giusta torsione col corpo non può far altro che calciare cadendo

No, cose così non si possono allenare. Cioè, puoi allenare il movimento di Kluivert alle spalle del terzino, il tempismo nella corsa e nel lancio, ma poi ci sono giocatori che quella palla te la mettono perfetta sulla corsa, e fanno quello che serve per fartela arrivare, anche cadere, in caso, e giocatori che no, non ce la fanno. Pellegrini ce l’ha fatta. E Kluivert ha premiato lo sforzo creativo concludendo in rete, calciando sotto le gambe del portiere del Verona.

Interessante notare come Kluivert, per coordinarsi con il destro, faccia una specie di pausa del tutto inutile, che permette al difensore di arrivare quasi sulla palla. Kluivert, cioè, ha dato a questo gol un tocco in più, che potremmo definire, di regia. Kluivert ha aggiunto la suspance a un gol già difficile di suo, facendoci trattenere il fiato fino all’ultimo. Altrimenti sarebbe stato troppo facile.

Vlahovic fuori dagli schemi

In questo momento l’Inter è la miglior difesa del campionato, ma anche se non ci fossero i numeri a certificarlo, fare gol alla squadra di Conte sembra sempre un’impresa disperata: Godin, De Vrij e Skriniar sono tre dei migliori difensori della Serie A, all’interno di un sistema che ne esalta le qualità. C’è allora qualcosa di magico nell’azione di Vlahovic, che nel recupero di una partita che la Fiorentina stava perdendo è riuscito a risalire sessanta metri di campo e mettere la palla quasi sotto l’incrocio calciando tutto storto, trovando una coordinazione improbabile con quelle gambe lunghe e la testa bassa.

Insomma si è parlato molto delle colpe della difesa dell’Inter in questo gol, ma è come guardare il dito quando ti indicano la luna: come si reagisce a un corpo di 190 centimetri e almeno 80 chili che tira dritto verso la porta come in una missione suicida? De Vrij gli copre l’eventuale passaggio verso il centro, Skriniar lo insegue, prova a dargli fastidio, lo costringe anche ad allargarsi, che è la prima cosa da fare quando non puoi fermare fisicamente l’attaccante. Vlahovic però riesce a far disegnare al pallone una traccia inaspettata, calciando quasi di piatto, scavando sotto il pallone, tanto che Handanovic rimane proprio fermo. In quei casi infatti è facile aspettarsi o un tiro forte chiudendo gli occhi sul primo palo o un tiro in diagonale rasoterra, cercando con la precisione di superare il portiere. Ma l’attaccante della Fiorentina aveva altre idee e vai a difendere contro chi pensa fuori dagli schemi.

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